
Mentre in Italia è ancora in discussione l'approvazione delle quote rosa da garantire nella composizione dei consigli di amministrazione delle società (quotate e a partecipazione pubblica), con il relativo thriller sulla data di entrata in vigore dell'obbligo, è utile, anche solo da uno spazio praticamente invisibile come questo blog, dare evidenza di una serie di approfondimenti compiuti da esperti di governo societario in tutto il mondo sul tema della "board diversity". Solo per limitare il campo alla letteratura degli ultimi anni, tra il
2002 ed il
2007 studiosi del Dipartimento di Finanza della Oklahoma State University hanno rilevato una siginificativa relazione positiva fra la "board diversity" (in questo caso non riferita soltanto ad una questione di genere, ma anche etnica) e performance aziendale: la presenza, nei cda, di donne e appartenenti alle minoranze etniche, risulta infatti avere dei risvolti positivi nella creazione di valore per gli azionisti, anche se le dinamiche attraverso cui si esplica l'impatto di questa diversità sui risultati economici delle società appaiono di difficile definizione. Nel frattempo, nel
2005, in Danimarca viene messa sotto la lente l'attività (periodo 1993 -2001) delle maggiori 2500 imprese: anche qui i risultati conseguiti dalle top manager appaiono positivi, anche se (esempio plastico di cosa voglia dire "scoprire l'acqua calda") "gli effetti positivi dipendono dalle loro competenze / grado di istruzione". Due studi del 2008, condotti rispettivamente dall'
ECGI (su alcune imprese USA) ed in
Canada, ci danno suggerimenti contrastanti: il primo, infatti, sostiene che la diversità di genere nei CdA abbia mediamente effetti negativi sulle performances aziendali, mentre da Montreal ci viene suggerito che il numero di donne presenti nella stanza dei bottoni è direttamente proporzionale alla capacità di generare valore. Del 2009 infine, due studi europei. Da un lato, gli esperti della
Banca di Spagna, che si focalizzano sulla governance degli istituti di credito, mettono in evidenza come la presenza di donne nei consigli di amministrazione sia più alta laddove la banca opera in un mercato dinamico e competitivo (vi suggerisce nulla?), mentre gli studiosi di
Rotterdam ci dicono che le donne nel CDA spesso sono una soluzione dettata dalla pressione sociale, nonché uno strumento in più di legittimazione della società agli occhi dei principali portatori di interessi. Aldilà delle pari opportunità, dunque, mi piacerebbe che si discutesse anche di questo. Se non ora, quando? Gli altri lo stanno già facendo. Da tempo.
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